Skinamarink è un film horror low-fi canadese del 2022, scritto e diretto da Kyle Edward Ball al suo debutto alla regia. Uscito nelle sale americane il 13 gennaio 2023 è stato rilasciato poi sulla piattaforma inglese Shudder il 2 febbraio. Il film è stato un successo al botteghino, incassando 2 milioni di dollari da un budget di soli 15.000 dollari. Skinamarink ha diviso pubblico e critica ma è diventato virale sui social media, in particolare TikTok.

Due bambini si svegliano nel cuore della notte e scoprono che il padre è scomparso e tutte le finestre e le porte della loro casa sono svanite.

Skidamarink” o “Skinnamarink” è una canzone usata nelle scuole dell’infanzia in Nord America. “Rink-A-Doo” era il primo titolo ma ha avuto varie ortografie nel corso degli anni. Il regista ha leggermente modificato l’ortografia in modo che i bambini che cercavano la canzone online non trovassero accidentalmente il suo film.

Prima della produzione di Skinamarink, Ball gestiva un canale YouTube dove caricava video horror low-fi ispirandosi a incubi propri o di alcuni suoi iscritti. Decide in seguito di realizzare il suo primo lungometraggio, girando in digitale nella sua casa d’infanzia a Edmonton, Canada. In Italia Skinamarink vince il TOHorror Fantastic Film Fest (ottobre 2022), ma resta ancora da capire come e quando verrà distribuito ufficialmente da noi.

Cosa accade nel film?

1995. Kevin, un bambino di quattro anni, cade dalle scale per via del suo sonnambulismo, da quanto afferma sua sorella di sei anni Kaylee. Sembra che Kevin sia stato portato in ospedale e poi riportato a casa. Il padre telefona a qualcuno non specificato e dice che all’ospedale non c’è stato bisogno di mettere punti di sutura a Kevin, ha solo battuto la testa. Passa del tempo, i due bambini si svegliano nel cuore della notte e scoprono che il loro papà è scomparso; anche le finestre, le porte e altri oggetti di casa stanno gradualmente scomparendo. Una voce misteriosa chiama Kaylee dall’oscurità, dicendole di salire le scale. Al piano di sopra, nella camera da letto, il padre le dice di guardare sotto il letto. Lo fa ma non vede niente. Poi vede la madre seduta dalla parte opposta del letto. Sua madre dice a Kaylee che amano lei e Kevin e le ordina di chiudere gli occhi prima di svanire. Poi guarda l’armadio aperto, buio completo, e sente una voce che dice “C’è qualcuno qui“.

Al piano di sotto la voce chiama Kevin, facendogli cenno di entrare nel seminterrato, lì vede la sorella che non ha più occhi né bocca. Dopo essere tornato al piano di sopra, Kevin sente di nuovo la voce misteriosa che lo chiama, dicendogli che vuole giocare, poiché alcuni dei giocattoli in casa stanno scomparendo. Un cassetto si apre in cucina e Kevin obbedisce al comando della voce di inserire un coltello in uno dei suoi occhi. Il telefono si trasforma in un giocattolo (Chatter Telephone) e la voce ne rivendica la responsabilità, dicendo a Kevin che può “fare qualsiasi cosa“. Salendo al piano di sopra vediamo una pila di giocattoli in un lungo corridoio, la didascalia recita “572 giorni“, il che implica che c’è stato un salto temporale di 572 giorni da quando l’entità ha iniziato a perseguitare questa famiglia (ipotesi). Nel finale appare una faccia indistinta che dice a Kevin di andare a dormire. Kevin chiede il nome a questa presenza, ma c’è solo il silenzio.

Realizzazione di un horror low budget

“Avevo avuto un incubo quando ero piccolo. Ero a casa dei miei genitori, i miei genitori erano scomparsi e c’era un mostro” dichiara il regista Kyle Edward Ball. “Girando un film nella casa in cui sono cresciuto non ho dovuto faticare per renderlo personale, è stato piuttosto automatico. Mia madre aveva salvato un mucchio di giocattoli d’infanzia che abbiamo usato nel film, quindi è diventato ancora più personale”.

L’estetica sperimentale e low-fi di Skinamarink prevede sicuramente scelte radicali, non importa la nitidezza dell’immagine o una qualità eccelsa del sonoro. La maggior parte delle inquadrature sono di parti della casa riprese dal basso, dettagli di Lego o altri giocattoli, e cartoni animati del passato che fanno da contrappunto ad atmosfere sinistre. La grana sopra l’immagine fa sembrare che, fissando il buio più nero, qualcosa si muova nell’oscurità. Tutti i dialoghi sono pronunciati sottovoce e molti dei suoni sono distorti. Particolarmente efficace e originale è la scelta di questi dialoghi soffocati, che danno la sensazione di incubo, mentre è un peccato che la “grana” non sia vera ma bensì aggiunta in post-produzione. Girare in digitale è sicuramente più comodo, ma non sarebbe stata una cattiva idea quella di realizzare il film in Super8. Prestando attenzione infatti si può notare un loop della grana usata come filtro.

I cartoni animati visti in televisione in Skinamarink sono di pubblico dominio, inclusi i cortometraggi Somewhere in Dreamland e The Cobweb Hotel di Max Fleischer del 1936, Balloon Land di Ub Iwerks del 1935 e il cortometraggio di Merrie Melodies del 1939 Prest-O Change-O. Le inquadrature del bagliore bluastro del televisore che illumina i giocattoli dei bambini ricordano le immagini del Poltergeist di Tobe Hooper.

Skinamarink si immerge nell’oscurità

Un horror ipnotico, apparentemente semplice e di ispirazione analogica. Si prende decisamente i suoi tempi immergendo lo spettatore in questa atmosfera da incubo, e la quiete diventa più minacciosa di qualsiasi dialogo. Kyle Edward Ball è abile a inquietare con un’estetica minimalista; sfruttando elementi nostalgici e legati all’infanzia riesce a evocare quella paura radicata nei nostri sogni d’infanzia. L’atmosfera di Skinamarink è il film stesso, non è una visione da sostenere in maniera svogliata, né tantomeno con la luce accesa. Lo spettatore deve accettare di lasciarsi ipnotizzare, altrimenti può diventare un’esperienza alquanto frustrante. Il suo ritmo estenuante richiama il sonnambulismo del piccolo protagonista, e forse la durata di 100 minuti non era poi così necessaria.

Particolarmente interessante la scelta di un finale criptico che si ferma davanti a questa presenza, senza dare risposte. Sembra essere una sorta di spirito intrappolato nella casa, e cerca di rompere gli equilibri della famiglia che ci abita – al bambino infatti viene chiesto di infliggersi delle ferite. Una sequenza in particolare rimanda ad alcune dinamiche del film Session 9 (cliccando trovate la recensione), horror psicologico che per quanto mi riguarda (non solo per il sottoscritto) resta il più inquietante di sempre.

Skinamarink

Ciò che invece risulta forzato è l’utilizzo di qualche spavento più facile (jumpscare) come nella sequenza con la Barbie, ma si tratta comunque di un esordio e sono ingenuità che si possono perdonare. La sensazione di muoversi con il POV al’interno di un incubo è gestita piuttosto bene, per questo il jumpscare poteva essere adattato meglio per non spezzare questa atmosfera. Si poteva optare per soluzioni meno canoniche per quanto riguarda quei due o tre spaventi facili.

Cosa si nasconde nell’ombra

Skinamarink funziona proprio perché non è mai chiaro cosa stia succedendo e cosa dovrebbe spaventarci. Di conseguenza, tutto fa paura. Non vediamo mai i volti dei due bambini, se non in un’inquadratura con la sorella da lontano senza la bocca, mentre la presenza che perseguita la famiglia si intravede soltanto nel finale. Tutto appare deformato nell’oscurità, rendendo la casa un luogo mistico, spingendosi oltre la ragionevolezza del tempo e dello spazio.

Il film potrebbe anche essere interpretato come il ricordo distorto di un bambino di vivere in una casa violenta, una parabola dell’abbandono e dell’abuso sui minori. Non sembra casuale che l’oscurità diventi di un colore più rossastro e minaccioso verso la parte finale. L’effetto stroboscopico della televisione diventa l’ultimo baluardo della normalità in una casa sempre più opprimente. Ma questa chiaramente è soltanto una chiave di lettura.

Skinamarink

Skinamarink è un horror importante e utile per il sistema produttivo, ci ricorda che non si deve puntare sempre e solo sulla ridondanza, caricando i film di spaventi facili e un eccesso di effetti digitali. Molto spesso è sufficiente lavorare sull’atmosfera e la paura di quello che non vediamo. 

Classificazione: 3 su 5.

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