Ricorre questo mese il trentesimo anniversario dalla pubblicazione dei primi quattro libri di Piccoli Brividi (Goosebumps).

Era infatti Luglio del 1992 quando sugli scaffali statunitensi fecero la loro (timida) apparizione “La casa della morte”, “Il mistero dello scienziato pazzo”, “Un barattolo mostruoso” e “Foto dal futuro”.

Per celebrare la ricorrenza, e completare la trattazione di queste quattro storie, prenderemo in esame “Il mistero dello scienziato pazzo”.

La copertina non è a opera di Tim Jacobus, bensì di Jim Thiesen. L’artista, che già lavorava nel campo dell’illustrazione per libri fantasy e horror, realizzò un artwork misterioso e d’impatto, pienamente in linea con lo stile delle copertine della collana. Non ci viene svelato molto, solo che qualcosa si aggira nel seminterrato a cui si fa riferimento nel titolo originale del romanzo (Stay out of the Basement!).

La rappresentazione di una mano mostruosa che esce da una porta non è originalissima (era già stata utilizzata e sarebbe stata ripresa in seguito), ma svolge indubbiamente il proprio compito: vedendola, vogliamo saperne di più.

Tim Jacobus avrebbe realizzato la propria versione della copertina in occasione di una ristampa edita nel 2003 (purtroppo, inedita in Italia).

TRAMA

I due fratelli Casey e Margaret Brewer sono figli di un importante botanico, Michael Brewer, che sta svolgendo dei complessi e misteriosi studi nel seminterrato di casa. Il dottor Brewer è stato infatti da poco espulso dall’università in cui lavorava, per cui ha deciso di continuare i propri esperimenti autonomamente.

La madre dei ragazzi viene costretta ad allontanarsi per qualche giorno, lasciandoli soli col padre. La situazione inizia a questo punto a farsi sempre più sinistra. Margaret e Casey, infatti, scoprono che nel seminterrato si trovano delle piante che sembrano respirare, emettere suoni e compiere degli accenni di movimento.

La scoperta tuttavia, non è nulla se confrontata a ciò che apprendono sul padre: il dottor Brewer ha infatti iniziato a cibarsi di terriccio e a espellere sangue di colore verde. Lo scienziato li rassicura, affermando che si tratti di un effetto collaterale degli studi, ma la verità è ben diversa…

RECENSIONE

Così come accade in altri romanzi della collana, anche Il mistero dello scienziato pazzo deve la propria fama a un colpo di scena che avviene nella seconda metà della vicenda. Pertanto, un’analisi del libro non può escludere la trattazione anche del suddetto passaggio (possibili SPOILER).

La storia condivide con “La casa della morte”, pubblicata in contemporanea, uno svolgimento dal sapore mistery. Se infatti Casey e Margaret, nel loro primo sopralluogo del seminterrato, sono mossi da semplice curiosità, col passare della trama si daranno da fare per venire a capo del mistero che sta avendo luogo tra le mura domestiche.

La situazione per i due peggiora di minuto in minuto, in primis a causa dei cambiamenti del padre, tanto nel comportamento quanto nell’aspetto I fratelli sono soli, dato che la madre è temporaneamente assente, e per di più non possono in alcun modo sottrarsi alla loro situazione.

Fattore di efficacia della storia è infatti quello di svolgersi all’interno dell’ambiente familiare, che dovrebbe essere il più rassicurante per due giovani ragazzi. In questo caso vediamo un completo rovesciamento di prospettiva, con uno dei due genitori che sembra essere la minaccia principale.

I protagonisti della storia sono, ancor più che in altri Piccoli Brividi, del tutto abbandonati a loro stessi, dovendo fare affidamento unicamente sulle proprie forze.

Tutti gli indizi accumulati nel corso della vicenda portano i personaggi, e il lettore con loro, a pensare che il dr. Brewer stia subendo una metamorfosi a causa di un incidente verificatosi durante i misteriosi esperimenti da lui condotti. Stine, tuttavia, è un maestro nel sovvertire le certezze e ci servirà una verità completamente diversa: il vero dottor Brewer è segregato in cantina, quello che i due fratelli credevano essere il padre è in verità una pianta!

Nonostante Il mistero dello scienziato pazzo si regga su uno stile di scrittura più semplice e meno cupo de “La casa della morte”, la vicenda narrata riesce a essere allo stesso modo disturbante. Non si può non provare inquietudine nel riflettere sul fatto che i due giovani protagonisti abbiano vissuto per diversi giorni con un essere che vestiva i panni di un genitore, figura che più di tutte avrebbe dovuto proteggerli.

Rimane all’immaginazione del lettore quello che sarebbe potuto essere il destino del vero dottor Brewer se Margaret e Casey non lo avessero trovato. E il dottor Brewer, peraltro, non era nemmeno l’unica persona a essere tenuta segregata nello scantinato: la pianta ha tentato infatti di sbarazzarsi anche del dottor Martinez, l’ex supervisore di Brewer.

Quale sarebbe potuto essere il destino di Margaret, Casey e la madre? Proviamo a ipotizzarlo. La copia vegetale, per esempio, avrebbe potuto cercare di procurarsi il loro DNA per creare una famiglia perfetta composta unicamente da piante. In tal caso, tenere in vita le controparti in carne e ossa sarebbe stata soltanto una complicazione…

L’intera sequenza di chiusura vede Margaret e Casey di fronte ai due Brewer, incerti su quale sia quello reale. Grazie a un intelligente stratagemma di Margaret, l’identità del vero Brewer sarà confermata, permettendo all’uomo di fare a pezzi il proprio clone in una pioggia di…clorofilla.

Alla luce di questi fattori, possiamo riconoscere anche ne Il mistero dello scienziato pazzo un gusto per l’horror più maturo se confrontato ai successivi romanzi della collana. Più che giocare su un immaginario splatter, come ne La casa della morte, Stine si affidò a un orrore più concettuale. Questo è uno di quei casi in cui una storia dei Piccoli Brividi potrebbe essere apprezzata maggiormente se riletta in età adulta. Al di là di alcune ingenuità nei dialoghi, ne emergerà una vicenda più sinistra di quanto ci si potrebbe aspettare.

Come in quasi tutti i libri della collana, la storia si chiude con un ultimo colpo di scena. A differenza di altri casi, in cui Stine inserì plot twist assurdi e illogici, ne Il mistero dello scienziato pazzo troviamo un passaggio finale che si amalgama bene col resto del libro, ma risulta anche piuttosto superfluo.

Classificazione: 3.5 su 5.

POSSIBILI INFLUENZE

Stine non ha mai fatto mistero di essersi lasciato influenzare da altri prodotti nell’ideare e scrivere le proprie storie. In questo caso le influenze possono essere molteplici, in quanto il tema della creatura che sfugge al controllo del proprio creatore è un vero e proprio topos dell’immaginario letterario e cinematografico (impossibile non pensare a Frankenstein). Tuttavia, possiamo individuare anche due ulteriori possibili influssi:

L’invasione degli Ultracorpi. Stine, nella propria autobiografia, ha affermato che, crescendo, una delle sue più grandi passioni siano stati i film di fantascienza, specialmente quelli degli anni’50 e’60. Ne L’invasione degli Ultracorpi vediamo una situazione analoga a quella del romanzo, con entità esterne che sostituiscono agli esseri umani e iniziano a vestirne i panni.

Saga of the Swamp Thing. Una delle collane fumettistiche più apprezzate degli anni’80 si basava su un plot twist pressoché identico a quello del romanzo. Si scopriva infatti che il protagonista, il mostruoso essere vegetale Swamp Thing, non era il risultato della metamorfosi dello scienziato Alec Holland, bensì una pianta che ne aveva assorbito le memorie.