A parlare del futuro c’è sempre da rischiarla grossa nel cinema, soprattutto per via delle tecnologie realizzate che da futuristiche possono risultare datate nel giro di pochi anni. Non fa eccezione Brainscan, una pellicola del 1994 che ipotizzava un’immersione del gaming nella vita reale davvero pericolosa.

TRAMA

Micheal è un adolescente solitario che vive con un padre sempre in viaggio e si circonda di tecnologia per riempire i vuoti della sua vita fatta di un solo amico e di un amore inespresso per la vicina di casa. Appassionato di giochi immersivi (archetipi delle realtà virtuale) viene misteriosamente in contatto con un nuovo ed enigmatico videogame dal nome Braiscan. Molto presto Micheal si renderà conto che quanto vive come giocatore ha effetti letali sulla vita reale…

VIDEOGAME E REALTA’

Brainscan ha il merito di fondere due must degli anni ’90, vale a dire la crescente voglia di interattività emergente nel settore videoludico, con lo spirito dark ma al tempo stesso goliardico di un horror che aveva iniziato a far capolino già nella decade precedente. Un genere dove il confine tra dark comedy e paura è sottile e la trama si concede personaggi leggeri in un contesto tetro. In quegli anni uscivano videogiochi come Ripper al quale partecipavano star di Hollywood come Christoper Walken, Burgess Meredith e Karen Allen, nel tentativo di diminuire sempre di più il confine tra cinema e videogame, cosa ai giorni nostri scontata ma allora davvero avanguardistica.

UNA TRAMA COINVOLGENTE MA..

Niente da dire quindi sull’idea di fondo di Brainscan, a suo modo profetica su quello che sarebbe stato uno degli argomenti più attuali degli anni successivi, l’immersione in una realtà virtuale in quanto invasiva di ciò che è la realtà. Detto questo è innegabile che la pellicola di John Flynn (regista più votato all’action) abbia numerosi difetti e, come altre opere futuristiche dell’epoca, sia invecchiata precocemente grazie ad effetti visivi divenuti rapidamente obsoleti. Come avvenuto per il coevo Il tagliaerbe, Brainscan è una film anni ’90 che visto oggi sembra girato almeno dieci anni prima, questo per via di soluzioni visive invecchiate male ma che all’epoca sembravano il futuro. Oltre a questo i personaggi sono scritti con una bonarietà eccessiva, dal giovane Edward Furlong (promessa non mantenuta di Hollywood in quegli anni) che spia la vicina quasi a richiamare La finestra sul cortile di Hitchcock, al demone Trickster, vero motore della vicenda che guida il protagonista nelle regole del gioco con troppa ironia, smorzando la tensione e apparendo più un Beetlejuice che non ce l’ha fatta. Non aiuta un finale conciliante quasi a voler rasserenare quel pubblico che non aveva spaventato.

DA VEDERE PERCHE’

Per gli appassionati delle atmosfere più anni ’80 che mescolano tematiche horror a ironia, Brainscan può essere una scoperta interessante ed un film che regala svago senza eccessivo impegno. Prodotto tipico di un cinematografia horror che cercava di guardare al futuro con curiosità.

Classificazione: 1.5 su 5.