Il 5 Aprile 1973 arrivava nelle sale americane “Oscar Insanguinato” (Theatre of Blood). Nonostante il titolo italiano possa trarre in inganno, la pellicola non ha a che fare col mondo del cinema, bensì con quello del teatro. A tal proposito, è perfetto il titolo spagnolo: “Matar o no matar, este es el problema”.

TRAMA
Ci troviamo a Londra. L’esperto attore shakespeariano Edwin Lionheart, non vedendosi riconoscere un importante premio teatrale a causa di una schiera di supponenti critici, si getta nel Tamigi sotto i loro occhi.
Due anni dopo, ognuno dei critici viene eliminato secondo metodi che rimandano alle opere messe in scena da Lionheart. E’ la vendetta dell’attore che, scampato alla morte, ha deciso di fare della rivalsa la propria unica ragione di vita.

RECENSIONE
Oscar Insanguinato è un film semplice. Attenzione però, semplicità non equivale a scarsa qualità. Per i circa 100 minuti di durata sono poche le scene che esulano dalla messa in scena dei vari omicidi e portano avanti la trama. Si potrebbe quasi dire che siamo di fronte a una versione ante litteram dello spassosissimo programma “1000 modi per morire”. Di fronte a delle premesse del genere, quindi, è assai facile aspettarsi un’opera di scarsa fattura. Eppure “Oscar Insanguinato” non solo è un ottimo horror a tinte comedy, ma anche una delle migliori (se non la migliore) interpretazioni dell’immortale Vincent Price.

E’ proprio Price fulcro e cuore pulsante della pellicola, in un ruolo che sembra cucito a misura su di lui. Sembra che Price si interessò immediatamente alla sceneggiatura quando scoprì che avrebbe potuto recitare degli stralci dalle più famose opere di Shakespeare e, a distanza di anni, abbia ricordato “Oscar Insanguinato” come il suo ruolo preferito di sempre. Il personaggio di Lionheart, per quanto interessante in sé, non avrebbe potuto brillare allo stesso modo se il suo interprete non vi avesse messo anima e corpo.

In ogni passaggio, dietro ogni stravagante travestimento, Price sembra divertirsi tantissimo. Lionheart è una figura che alterna solennità e macabra ironia. Non solo vuole vendicarsi di coloro che lo hanno svilito, vuole anche prendersi gioco di loro. Nel panorama delle icone horror dell’epoca, non esisteva interprete più adatto a un ruolo del genere. Se, per citare un altro mostro sacro, Chrstopher Lee era solito muoversi con grande serietà sullo schermo, Price si era sempre trovato a proprio agio con figure ambigue, che potessero far brillare una vena di folle ironia. E Lionheart è proprio uno dei migliori esempi di suddetta tipologia di personaggio.
Sembra inoltre che l’attore abbia incoraggiato l’inserimento di una sequenza che vede il suo personaggio e il critico Devlin alle prese con uno scontro a colpi di scherma. Price aveva infatti imparato,nei primi anni di carriera, come inscenare un combattimento con le spade e voleva poter mettere mettere a frutto tali competenze. Purtroppo per lui, tuttavia, gran parte della scena venne girata da una controfigura.

Il soggetto è indubbiamente ricco di estro, articolando davvero tante uccisioni senza mai renderle ripetitive. Ottima è stata poi la decisione di presentare gran parte delle vittime della vendetta di Lionheart come persone meschine, al limite del caricaturale. Basti pensare all’unico caso in cui la vendetta non si consuma attraverso la morte del diretto interessato: con una semplice messinscena Lionheart va a sfruttare l’indole violenta di uno dei critici, che strangola la moglie.
Una rassegna di bersagli del genere, unita a un brillante villain, avrebbe tuttavia fatto sì che mancasse una controparte positiva. Proprio per questo abbiamo il critico Devlin che, a differenza dei colleghi, è un uomo assennato e di saldi principi. E’ lui, e non Scotland Yard, a capire le macchinazioni di Lionheart ed è anche lui l’unico che riuscirà ad averla vinta su Lionheart. Devlin si rifiuterà di rivedere il proprio giudizio su Lionheart anche nella scena finale, in cui la sua vita verrà messa a repentaglio alla pari di quella dei colleghi. Alla luce di ciò potremmo quasi convenire che anche la caratterizzazione dell’uomo possa essere considerata estrema come quella degli altri personaggi del film.

Ottima è anche l’interpretazione di Diana Rigg nei panni di Edwina, figlia e complice di Lionheart.
Interessante è poi la componente gore della pellicola. Diverse uccisioni risultano infatti particolarmente cruente, specialmente per l’epoca di uscita. La più iconica è senza dubbio quella in cui Lionheart estrae il cuore di una delle sue vittime e lo pone su una bilancia, in una personale interpretazione di un passaggio de Il mercante di Venezia. A ben vedere, questo utilizzo del sangue è molto azzeccato, amalgamandosi con l’atmosfera di eccesso che si respira nel corso dell’intreccio.
