Stephen King è, per tutti, il Re del brivido. Tuttavia, le sue storie non sono sempre popolate da mostri, virus letali ed entità maligne. Nel racconto “Rita Hayworth e la redenzione di Shawshank”, il primo dei quattro racconti che compongono la raccolta Stagioni diverse, King dimostra di essere bravo non solo a spaventare i suoi affezionati lettori, ma anche ad infondere speranza. In questo racconto, non ci sono mostri, ma un colossale errore giudiziario.

Il protagonista è un giovane bancario, Andy Dufresne. L’uomo, accusato ingiustamente di aver ucciso in un impeto di gelosia la moglie Linda e l’amante di quest’ultima, il campione di golf Glenn Quentin, viene condannato all’ergastolo e imprigionato nel carcere di Shawshank. A Shawshank, Andy subisce le molestie dei sodomiti, viene sfruttato per le sue abilità di bancario prima dalle guardie carcerarie e poi dai corrotti direttori della prigione, e arriva quasi ad ottenere giustizia e a redimersi. Quasi, perché il destino gli è avverso, e la sua idea di ottenere un nuovo processo, stavolta più giusto, si rivela un buco nell’acqua. A questo punto, per il protagonista sarebbe facile rassegnarsi a vivere il resto della sua vita a Shawshank, ma nel 1975, quasi trent’anni dopo il suo arrivo nella prigione, succede l’inaspettato: Andy Dufresne evade da Shawshank attraverso un tunnel scavato nel muro della sua cella. A raccontare la sua storia, dopo l’evasione, è Red, un ergastolano con cui il protagonista ha stretto un forte legame di amicizia durante gli anni passati in prigione. E’ Red, che a Shawshank smercia oggetti di contrabbando, a procurare ad Andy Dufresne un martelletto da geologo e un poster a grandezza naturale della diva del cinema Rita Hayworth, il primo di tanti. Saranno questi due elementi, un martello di trenta centimetri per l’estrazione dei minerali e il poster di una bella ragazza (nel 1975 è la cantante Linda Ronstadt) a procurargli un biglietto di uscita per il mondo esterno. Apparentemente, Red non è altro che una comparsa nella storia che racconta, un personaggio secondario. Il detenuto, affascinato dalla personalità di Dufresne, osserva e racconta ciò che vede, e il suo contributo sembra limitarsi a questo. Eppure, così non è.

Red, infatti, non si limita a raccontare una storia a lieto fine con un forte messaggio di speranza, ma dà voce ad una parte di sé nascosta e preziosa. Sul finale, Red dice:


“Andy era la parte di me che non sono mai riusciti a rinchiudere.”


Dufresne, con la sua natura mite e quell’aria da uomo libero che si porta dietro come “una luce”, non ha mai smesso di avere sete di libertà, mentre il narratore, dopo tanti anni a Shawshank, si è arreso alla sua condizione di ergastolano. Prima di evadere, Andy confida all’amico di avere una nuova identità e trecentomila dollari che lo aspettano fuori, sotto un pezzo di pietra vulcanica in un campo di Buxton, e di sognare una nuova vita in Messico, a Zihuatanejo. Quando, alla fine del racconto, a Red viene concessa la libertà sulla parola, l’uomo si reca a Buxton con l’intenzione di trovare il campo di fieno del racconto di Andy. Non solo l’ex ergastolano riesce a trovarlo, ma trova anche, sotto la pietra vulcanica dell’amico, una lettera indirizzata a lui, in cui Andy lo invita a raggiungerlo in Messico. La lettera si conclude così:


“Ricordati che la speranza è una cosa buona, Red, forse la migliore delle cose, e le cose buone non muoiono mai.”


Quando giriamo l’ultima pagina di “Rita Hayworth e la redenzione di Shawshank”, Red si sta preparando a violare la libertà condizionata e ad intraprendere un lungo viaggio, viaggio che lo ricongiungerà al suo vecchio amico. Stephen King lascia che il suo lettore immagini un lungo abbraccio finale tra Red e Andy Dufresne, due amici che hanno condiviso un momento lungo trent’anni, ma non ci è dato scoprire se quell’abbraccio ci sia mai stato. Questa meravigliosa storia di speranza si chiude con una frase di una sola parola che racchiude tutta l’essenza del racconto:


“Spero.”


Red spera di riuscire a superare il confine con il Messico e di poter rivedere Andy, e questa è la sua conquista più grande. Grazie ad Andy, infatti, ha riscoperto il valore della speranza.
Quel lieto fine che il lettore può soltanto immaginare ci è stato regalato sul grande schermo dal regista Frank Darabont, nel film del 1994 “Le ali della libertà” (The Shawshank Redemption). La pellicola, con Morgan Freeman nel ruolo di Red e Tim Robbins in quello di Andy Dufresne, ha ricevuto ben sette nomination agli Oscar. Nonostante il film mostri qualche differenza rispetto al racconto da cui è stato tratto, riesce comunque a restituirne il senso a chi lo guarda e a restare, quindi, fedele al suo creatore. Lo spettatore, come Red, resta immediatamente catturato dalla storia di Andy Dufresne/Tim Robbins e, nel corso del film, vive come fossero sue le piccole gioie e le grandi sofferenze del protagonista, fino al momento dell’evasione.

E’ in quel momento che Andy spiega le ali. Il titolo italiano del film sembra, infatti, riprendere un passaggio particolare del racconto, quello in cui Red parla di Andy come di un uccello impossibile da ingabbiare e destinato a volare libero. Red scrive:



“Certi uccelli non sono fatti per la gabbia, questo è tutto.
Le loro penne sono troppo vivaci, il loro canto troppo dolce e libero.”

Diverso è il destino che attende l’anziano detenuto Brooks Hatlen, interpretato dal compianto James Whitmore. Quando all’uomo viene concessa la libertà sulla parola, la novità lo getta nel totale sconforto. Il vecchio Brooks considera Shawshank come casa sua e teme il mondo esterno perché non è più abituato alla vita da uomo libero. Il detenuto è ormai “istituzionalizzato”, come definisce Red coloro che finiscono con l’“amare” la prigione perché troppo abituati alla vita dietro le sbarre.

Una volta fuori, solo e depresso, Brooks si toglie la vita impiccandosi nel suo alloggio. In una scena del film, Red/Morgan Freeman dice:


“Io dico che queste mura sono strane: prima le odi, poi ci fai l’abitudine,
e se passa abbastanza tempo non riesci più a farne a meno.”

Per Brooks, che ha passato la sua intera vita a Shawshank, non c’è nessuna speranza di ricominciare fuori da lì. Ma per Andy Dufresne è tutta un’altra storia. Il protagonista non ha mai rinunciato alla prospettiva di una vita fuori da Shawshank e, quando alla fine del film, vediamo Red e Andy finalmente riuniti su una spiaggia incontaminata bagnata dal Pacifico, respiriamo insieme a lui aria pura. Aria di libertà.

a cura di Rosa Spica

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