Tra i killer dell’horror anni ’80 e ’90, Candyman è probabilmente quello menzionato di meno: interpretato da Tony Todd, Candyman è il grande protagonista del film che porta il suo nome (1992, regia di Bernard Rose). Infatti, mentre “colleghi” come Freddy Krueger, Michael Myers e Ghostface sono i perfidi antagonisti che si oppongono all’eroe positivo in Nightmare, Halloween e Scream, Candyman dà il nome alla pellicola, imponendosi agli occhi dello spettatore come personaggio principale. Eppure, la presenza fisica di Tony Todd sullo schermo è molto minore rispetto a quella di Helen – la co-protagonista della vicenda. La sua presenza non-fisica, invece, è palpabile fin dall’inizio: Candyman è nei racconti tramandati dalle persone, è nell’immaginario collettivo, è nelle scritte sui muri.

I am the writing on the wall, the whisper in the classroom! Without these things, I am nothing.

Trama.

Helen (Virginia Madsen) è una studentessa universitaria che sta conducendo uno studio sulle leggende metropolitane. Durante le sue ricerche viene a conoscenza della leggenda di Candyman: essa racconta che se una persona ripete “Candyman” davanti ad uno specchio per cinque volte, lo evocherà a costo della propria vita. Incuriosita dalla vicenda, Helen scopre che alla base della leggenda c’è l’uccisione di un uomo, ex schiavo nero linciato perché innamoratosi di una donna bianca. Sul luogo dell’omicidio, avvenuto molti anni prima, ora sorge il Cabrini-Green, un alveare di case popolari. Quando la scettica Helen decide di provare, per gioco, a evocare lo spettro, sarà per lei l’inizio di un incubo: diventerà la principale sospettata di una serie di omicidi.

Helen evoca Candyman allo specchio.

Dal racconto di Barker al film di Rose.

Il film è basato su un racconto del grande Clive Barker intitolato The Forbidden, contenuto nel volume V di Books of Blood. La trama è più o meno la stessa, ma le differenze maggiori tra l’opera scritta e la pellicola sono nell’ambientazione e nella figura di Candyman. Il racconto è ambientato in Inghilterra, e la narrazione si snoda tra i luoghi dell’upper class frequentati da Helen e i quartieri poveri dove lei si reca per studiare i graffiti raffiguranti Candyman. L’opposizione privilegiati/svantaggiati che si avverte nel racconto, nel film è arricchita dalla questione razziale, essendo gli abitanti del Cabrini-Green di Chicago (e, dunque, ci spostiamo negli Stati Uniti) quasi esclusivamente lavoratori afroamericani che conducono una vita da emarginati.

Non solo, mentre nel racconto Candyman è uno spirito pallido e dal vestito arlecchinesco, nel film è un’ex schiavo a cui viene data una storia e un’identità. Candyman è prima di tutto un uomo privato della sua libertà di amare, il cui corpo è stato colpito e mutilato: infatti, prima di ucciderlo, i suoi aguzzini gli tagliarono la mano, al posto della quale Candyman ora porta un uncino. Il suo spirito è condannato a “imitare” e ripetere quell’orrore volgendo l’arma contro le proprie vittime, in un capovolgimento di ruoli.

Illustrazione di Candyman così come descritto in The Forbidden (fonte: deviant art)

Il ritorno del passato.

Seguendo il classico schema degli horror che prevede una punizione in seguito a una trasgressione, Candyman squarta (la punizione) chiunque lo evochi nella sicurezza della sua inesistenza. La trasgressione sta proprio in questa demistificazione che, sul piano metaforico della pellicola, diventa negazione del passato. Il personaggio di Candyman rappresenta infatti il trauma e il ricordo represso del passato razzista e violento dell’America schiavista che, nel presente, si preferisce ignorare. Il suo ricordo e, per estensione, la sua intera esistenza nella memoria delle persone, sono affidati allo storytelling: lui può esistere fin quando verrà ricordato attraverso il racconto (in questo caso, la leggenda metropolitana). Al contrario, una collettiva amnesia porterà alla distruzione della stessa comunità, che non può continuare a esistere senza tramandare ogni aspetto del proprio passato, anche quelli più “scomodi”. Non è casuale dunque che Candyman si palesi nel momento in cui il dolore da lui vissuto – il dolore di milioni di schiavi africani dalle storie simili – viene gettato nel dimenticatoio, quando cioè Helen, che da questo punto di vista diventa antagonista, mette in ridicolo la sua figura.

Helen, dopo essere stata accusata dei crimini commessi in realtà da Candyman, inizia un processo di identificazione con quest’ultimo: le loro azioni si sovrappongono e, nel finale, anche le loro sofferenze. Helen diventa il veicolo attraverso cui l’uomo riesce a rendersi visibile, colei che mediante il sacrificio finale permetterà alla storia di continuare a circolare.

Il film ha avuto due sequel e uno è in lavorazione.

Ora non vi resta che ripetere: Candyman, Candyman, Candyman, Candyman…