Companion è un film che mescola fantascienza, horror e commedia nera. Scritto e diretto da Drew Hancock, il film ha come protagonisti Sophie Thatcher (Yellowjackets, The Boogeyman) e Jack Quaid (The Boys, Scream 5). Dietro la produzione c’è il team che ci ha regalato Barbarian, il sorprendente horror del 2022 che con Companion ha in comune il ritmo, il divertimento e i continui twist. Nel cast anche Lukas Gage (You, Smile 2), Harvey Guillen (What We Do in The Shadows) e Megan Suri (Missing).

Trama

Iris e il fidanzato Josh si recano presso una tecnologica e lussuosa casa nel bosco per trascorrere il weekend con altre due coppie di amici del ragazzo: Eli e Patrick e Kat e Sergey. Qui l’atmosfera è da subito tesa perché Kat sembra non sopportare Iris e il resto del gruppo non vede di buon occhio il ricco Sergey, proprietario della casa, probabilmente legato alla criminalità. Il giorno dopo il loro arrivo, un evento violento metterà Iris di fronte a una sconvolgente verità circa la sua identità.

Speculative o science fiction?

La scrittrice canadese Margaret Atwood, nota soprattutto per Il racconto dell’ancella, ha parlato spesso della differenza tra speculative e science fiction: quest’ultima è associata maggiormente a “galassie lontane lontane”, mentre la prima al nostro mondo. L’autrice ha sempre preferito la speculative fiction, sostenendo che per scrivere storie di questo tipo basta leggere un giornale, guardare cosa accade nel mondo, e aggiungerci un pizzico di inventiva. In altre parole, si prende qualcosa che in potenza già c’è nel presente e si porta alle sue estreme conseguenze. Per questo Il racconto dell’ancella ci fa molta paura: è verosimile, pur essendo “fantascienza”. Ed è per questo che siamo molto coinvolti nella visione di Companion, perché il mondo che dipinge è un’estremizzazione della nostra realtà.

Un punto di vista singolare

Companion si apre (e poi si chiude) con un voice over di Iris. La prima scena ci mostra il primo incontro, avvenuto in un supermercato, tra la ragazza e Josh. Un momento di “pura felicità”, come dice Iris, destinato a plasmare la sua esistenza. La protagonista, quella con cui siamo portati a empatizzare, quella i cui occhi filtrano ciò che vediamo è lei. Una scelta peculiare, dato che Iris non è umana. Non è uno spoiler – lo davano a intendere anche il trailer e il poster del film – e, in ogni caso, non rovina per nulla l’esperienza. Da quando Iris scopre di essere una robot succede di tutto. Fin dall’inizio, il film dissemina degli indizi per farcelo capire. Iris esiste in una dimensione in cui tutto ruota intorno a Josh e in cui non ha autonomia (“Iris, svegliati” sentiamo dire al fidanzato). Poi c’è il dialogo che Iris ha con Kat, quando le chiede il motivo per cui non le piace (“non odio te, odio l’idea di te. Mi fa sentire sostituibile”). Infine c’è il modo in cui Iris cammina, preciso e meccanico. Insomma, il fatto che lei si una robot non è pensato come twist sconvolgente per spiazzare chi guarda, ma come un punto di partenza. Forse un pretesto per riflettere sull’oppressione di diverse soggettività.

Da qui in avanti però ci saranno spoiler maggiori, quindi se non avete visto il film smettete di leggere.

Il ribaltamento

Ho tirato in ballo la speculative fiction perché Companion è quello. Il film prende il dibattito sull’intelligenza artificiale e i progressi che già si sono fatti in questo campo, vi unisce le questioni della manipolazione, della rape culture e della subordinazione della donna e li sposta nel futuro. Li sposta su un piano in parte fantascientifico, ma in parte spaventosamente realistico. Il risultato è una riflessione su “cosa succederebbe se”, ma anche e soprattutto su ciò che già è. Nel mondo di Companion, infatti, è possibile comprare o anche solo affittare degli androidi iper tecnologici. Questi “compagni” servizievoli non possono mentire e non possono fare del male agli umani. Il modo in cui Josh considera il suo “sessobot” è lo stesso in cui, qui e ora, l’uomo dall’ego fragile considera la donna: un accessorio, un oggetto sessuale. Il film non usa la macchina come minaccia all’umanità, ma ribalta la situazione. È la macchina a temere l’uomo, perché l’uomo la sfrutta, la priva della libertà. Così Josh, da ragazzo simpatico e un po’ nerd diventa più sinistro. Iris, invece, riprende il controllo di sé e delle sue emozioni, dimostrandosi straordinariamente umana. In questa riflessione il film è molto simile al cortometraggio candidato agli Oscar I’m not a robot (2023, Victoria Warmerdam). Qui una donna scopre di essere un robot e che la sua libertà era solo di facciata, essendo la sua vita completamente dipendente dal partner.

Questione di potere

Companion, anche se può sembrare semplice e lineare, in realtà nasconde riflessioni più articolate. Iris, scopriamo, non è l’unico androide presente. Anche Patrick, il fidanzato super attento di Eli, è stato acquistato come compagno. Eli, che fa parte di una minoranza sessuale e si definisce “alleato” di Iris, si comporta esattamente come Josh. Vuole possedere, controllare, sfruttare. Nonostante sappia cosa sia l’oppressione, si unisce al piano di Josh e Kat per rubare i soldi di Sergey e incastrare Iris. La stessa Kat, che all’inizio lamenta di essere controllata e trattata come una bambola da Sergey, non è solidale con Iris. Insomma, quando di mezzo c’è il potere non importa che tu sia uomo, donna, alleato, oppresso o meno. Il desiderio di mantenere o di conquistare uno status si traduce nell’oppressione di chi si trova sotto di te. Companion critica la tendenza umana a tracciare un confine tra il e l’altro, a creare una separazione. Quando ci consideriamo superiori rispetto all’altro – animale, donna o, nel caso del film, robot – ci arroghiamo il diritto di farne ciò che vogliamo.

Il rape&revenge

Mi piacerebbe soffermarmi anche sul rapporto tra Companion e il sottogenere del rape&revenge, quello in cui una donna viene violentata e poi si vendica uccidendo l’aggressore. L’evento che mette in moto il processo di emancipazione di Iris è il suo tentativo di stupro da parte di Sergey. Subito dopo, Iris lo uccide. Com’è tipico dei primi rape&revenge, lo stupratore è caratterizzato come un degenerato. Sergey è sì ricco, ma tratta le donne come spazzatura ed è – forse – immischiato nella criminalità. Questo fa in modo che lo spettatore si senta al sicuro perché lui “non è così”. La vicenda, ovvero il (tentato) stupro e la successiva vendetta, si chiude nel giro di pochi minuti. Possiamo però leggere l’intera pellicola come un rape&revenge, essendo tanti gli elementi che lo permettono. Iris, per riassumere, viene manipolata da Josh e usata come oggetto sessuale. Poi si vendica, affermando la propria autonomia e uccidendolo. In questo quadro, considerare Josh come stupratore fa venire meno quel senso di rassicurazione dato da quanto detto sopra. Josh non è mostro, non è aggressivo come Sergey. È un bravo ragazzo un po’ sfigato, normale, e questo non solo rende la dinamica più subdola, ma pone lo spettatore in una posizione scomoda. Come afferma Carol J. Clover in Men, Women and Chain Saws, il passaggio nel rape&revenge da villains criminali a villains “perbene” rende chiaro che il problema della violenza di genere è sistemico, è culturale, e riguarda tutti.

Il finale

Nel rape&revenge, il fatto che la conclusione della vendetta corrisponda alla fine del film è da sempre ritenuto problematico. Questo sembrerebbe suggerire che l’eroina non abbia vita al di fuori di quello schema e che, una volta pareggiati i conti, si possa dichiarare chiusa la questione. In Companion, invece, il percorso di liberazione della protagonista non termina una volta che Josh è morto (ucciso con un cavatappi infilato nella tempia, letteralmente e ironicamente penetrato da Iris). Nelle ultime scene vediamo Iris farsi la doccia, rimuovere i brandelli di plastica dalla mano bruciata (scoprendo così lo scheletro bionico), e poi mettersi in viaggio in auto. Mentre guida passa accanto a una macchina in cui c’è un altro androide uguale a lei: le due si guardano e Iris la saluta con la sua mano robotica. Questo gesto, probabilmente, ha la capacità di instillare nell’altra il dubbio circa la sua identità. Il percorso di Iris non è solo individuale, ma assume una valenza collettiva. Esso termina solo quando la protagonista, ora libera, riesce a far riflettere un’altra soggettività oppressa, rendendola conscia della sua condizione.

Companion è un film divertente, folle, violento, più intelligente e complicato di quanto possa apparire. Al netto di qualche ingenuità, è una visione molto interessante. Il 2025 è cominciato con il botto.

Classificazione: 4 su 5.

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