Non tutti lo sanno, ma in Italia, tra le uscite più interessanti nel panorama home-video dell’anno, c’è una pellicola colombiana, molto particolare, che si intitola Luz: il fiore del male. Per presentare al meglio questo film, distribuito da Digitmovies in Dvd e BluRay (all’interno della sotto-etichetta Tok Video), abbiamo deciso di contattare e intervistare il suo regista, Juan Diego Escobar Alzate, che si è gentilmente messo a disposizione per rispondere alle nostre domande..

1) Ciao Juan!
Come presenteresti LUZ a chi non l’ha ancora visto?


Luz: il fiore del male” non è un comune film, preferisco pensare che sia una creatura a sé stante, una specie di organismo vivente. Non credo solo nel cinema come puro intrattenimento, credo che il cinema come arte abbia un potere più grande ed è quello di interrogare e guarire le ferite emotive, non solo in me, ma negli spettatori, negli attori e nella troupe. Credo che l’opera d’arte più grande sia la guarigione e mi piace pensare che “Luz: Il Fiore del Male” sia questo o la rappresenti in modo adeguato. Lo scopo del film non è quello di intrattenere, ma di interrogare profondi pensieri interiori o innescare emozioni che non si vedono spesso nel cinema di genere. “Luz: Il Fiore del Male” è una porta per il paradiso ma allo stesso tempo una discesa all’inferno. Un film che si divide come uno Jing-jang, metà del film è luce e l’altra è puro male e oscurità. Non ci può essere luce senza oscurità o viceversa.

2) Da dove viene la tua ispirazione per questo film?

Credo molto nell’incarnazione di Dio nella natura. Credo profondamente nell’idea di Dio di Spinoza, un Dio che è ovunque e vive dentro ognuno e si manifesta attraverso la natura, la pace e la bellezza. Vive in un sorriso, in una cascata, in uno sguardo, in tutto, ma in quello stesso Dio vive il Diavolo e devono imparare a convivere. Sono un amante dell’ayahuasca, una bevanda mistica conosciuta anche come la vite dell’anima, dopo averla provata per la prima volta, mi ha cambiato la vita, sono entrato in contatto profondamente con la natura e questo film è un’ode alle due cose che considero più belle di tutte: la natura e la femminilità, che per me sono la stessa cosa, ma noi come uomini, le corrompiamo, corrompiamo tutto quello che tocchiamo, le donne e la natura. Il film è anche una critica alla religione estrema, al patriarcato e al “machismo”.

3) Come mai hai scelto il genere western?

Mi sono innamorato dei western fin da bambino. Mio padre guardava i western la domenica, li trasmettevano in TV, spaghetti western in realtà. Ero molto piccolo all’epoca, ma quelle domeniche mi sembravano il paradiso, quei paesaggi, quei personaggi da cartone animato, quel dolore, mi piacevano. Quando ho iniziato a crescere e internet ha iniziato ad avere un ruolo importante nelle nostre vite, ho iniziato a indagare ulteriormente sulle carriere dei registi dei film che amavo e guardavo e ho iniziato a seguirle. Quando l’era degli spaghetti western finì, molti dei registi che amavo passarono a un altro genere, il “giallo”, e presto mi immersi nel mondo dell’horror. È così che mi sono innamorato non solo del western ma anche dell’horror. Il cinema italiano di genere è stato fondamentale nella mia vita, per me è il paese che produce il miglior cinema.

4) La scelta dei colori vivaci colpisce molto. Cosa puoi dirci in merito?

Volevo rappresentare l’Eden e l’idea del paradiso cattolico. Volevo fare un film oscuro e doloroso, ma così bello, pieno di poesia in ogni aspetto, nella musica, nella composizione delle inquadrature. Non volevo andare sul sicuro o avere solo un film normale con un potenziale successo commerciale, volevo creare un film unico, che alcuni ameranno e altri odieranno, ma volevo creare un mondo, un viaggio, una ricerca attraverso la fede, e non è stato solo un successo commerciale ma anche di festival. Sono un amante degli “heimatfilm” un sottogenere bavarese da tempo estinto in cui la natura, proprio come i western, gioca un ruolo molto importante. Mi piace pensare che se l’umanità non esistesse e non corrompesse la natura, i suoi rifletterebbero più vitalità.

5) Quali sono i tuoi registi di riferimento?

Uno dei miei registi preferiti é Alejandro Jodorowsky, questo film potrebbe essere interpretato anche come un’ode ai suoi film e come un omaggio alla psicomagia. Amo anche Dario Argento, Terrence Malick e Sergio Martino.

6) Dacci 3 aggettivi per descrivere al meglio il tuo film

Direi un film folgorante, poetico e coraggioso.

7) Si possono intravedere note di Jodorowsky. Quali suoi film hai apprezzato di più e hai voluto richiamare?

Sicuramente e senza dubbio EL TOPO. È il mio film preferito di tutti i tempi, è così potente e poetico che piango sempre quando lo guardo. È così puro e potente, pieno di misticismo e spunti di riflessione. Anche in termini di simbolismo, ma naturalmente su una scala inferiore, direi THE HOLY MOUNTAIN. 

8) Non è il classico film horror. Predomina il lato introspettivo. Che effetto vuoi suscitare nello spettatore?

Sicuramente. Non volevo fare il classico horror, non volevo nemmeno girarlo fin dall’inizio, anche se sono un regista di film di genere e un consumatore di genere allo stesso tempo. Volevo fare il film che volevo vedere come film di genere, spesso mi stanco di vedere sempre lo stesso tipo di film di genere, che è ormai la tendenza legata ai consumatori, al capitalismo e al mercato cinematografico. Volevo qualcosa di più profondo dei normali film horror che sono pieni di jumpscares e basta. Sapevo che questa era la mia unica possibilità di farlo. Molto spesso i registi esordienti vanno sul sicuro, ma non io, a me piacciono i rischi e mi piace azzardare su questa tipologia di cinema. Volevo fare un film che, sia che si ami o che si odi, ti rimane in mente dopo averlo visto. Soprattutto non volevo avere uno spettatore passivo ma uno spettatore che fosse parte del racconto. Se perde un secondo del film, non lo capirà. Non è un film che si capisce con una sola visione. È pieno di simbolismo e dopo un rewatch o più coglierete molte cose e temi nascosti. 

9) Nel tuo futuro lavorerai ancora a film di questo tipo o dobbiamo aspettarci un cambio di rotta?

Naturalmente! Sono un regista di film di genere e amo il genere. Fondamentalmente tutto ciò che sono lo devo al cinema di genere, alla poesia, al misticismo e alla musica. Continuerò a fare cinema di genere finché la gente crederà in me e i produttori mi daranno la possibilità di esprimere la mia ispirazione. Non vedo l’ora, spero presto, di dirigere un grande film negli Stati Uniti con quel tipo di budget. La gente deve capire che “Luz: Il Fiore del Male” è stato realizzato con un budget molto limitato e una tempistica molto ristretta ed è stata la mia lettera d’amore all’oscurità e la mia lettera di presentazione al mondo del cinema. Volevo che la gente lo guardasse e pensasse, “wow, se questo è stato fatto con un budget così limitato, voglio vedere se questo tizio avesse un grande budget che cosa potrebbe fare? Voglio vedere cosa farà in futuro”.

10) Stai già lavorando a qualche nuovo progetto?

Sì, in effetti il mio prossimo film si chiama “El arcoíris negro” o “Searching for the black rainbow” un mix tra il dark folk horror lovecraftiano e lo spaghetti western ambientato nell’Amazzonia nel 1920 e che parla di colonialismo, dell’importanza della natura e della conquista latina. È ancora in fase di finanziamento ma finora è stato selezionato nei più importanti mercati del cinema di genere. 

11) Manderesti un saluto ai lettori di Horror Italia 24?

Ciao Horror Italia 24. Voglio ringraziare tutti i lettori italiani e gli amanti del cinema di genere. Voglio invitarvi a vedere Luz: Il Fiore del Male se non l’avete ancora fatto, è distribuito in Italia da Digitmovies ed è disponibile in Bluray, DVD e digitale, per favore guardatelo e aiutateci a diffondere la voce, non dimenticate di votarlo su IMDb, Letterbox e Rotten Tomatoes. Amo l’Italia, ci sono stato diverse volte. È il mio paese preferito al mondo non solo per la cultura, ma per il cibo, le arti e la passione che gli italiani hanno per tutto, per non parlare del giallo e degli spaghetti western.

Grazie per l’intervista! E’ stato un grandissimo piacere Juan!

Intervista realizzata da: Filippo Fiorenza
Traduzione a cura di: Giulia Spini
Coordinamento: Lorenzo Cracolici

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