Voglio parlarvi di una pellicola decisamente particolare che porta il titolo di Non Sarai Sola (You won’t be alone in originale), scelta decisamente ben studiata che risuona allo stesso tempo come conforto e minaccia. Diretta da Goran Stolevski, qui al suo esordio alla regia di un lungometraggio, è uscita nelle sale (poche in verità) a partire dal 7 luglio scorso.

Infelice la distribuzione, anche se di etichettata Universal, per un film che di sicuro non è commerciale, ma che vale ben più di una sola visione. Un folk horror che si tinge di dramma, un coming to age a tratti, ma soprattutto un viaggio. Nella Macedonia rurale del diciannovesimo secolo e nella vita di Nevena, in continuo divenire tra ricerca, scoperta, intendimento e percezione.
Girato principalmente in Serbia e recitato in un dialetto Macedone si avvale di un talentuoso cast corale che, grazie all’ intensità dell’ interpretazione, coinvolge lo spettatore rendendolo partecipe delle vicissitudini dei suoi protagonisti. Tra essi una Noomi Rapace straordinaria, intima e incisiva come sempre che con la sua presenza impreziosisce ancor più la pellicola.

La Storia

Nella Macedonia del XIX secolo, Yoana (Kamka Tocinovski) dà alla luce la piccola Nevena che però viene visitata dalla strega Maria (Anamaria Marinca), chiamata ‘mangiatrice di lupi’. Per salvarle la vita la madre promette alla strega di donarle la figlia al compimento dei 16 anni e poi la rinchiude in una grotta, dove la bimba Nevena cresce quasi selvaggia, senza conoscere nulla del mondo esterno. Ma al patto non si può sfuggire e la Strega Maria ritorna a esigere il suo pagamento. Prende la ragazza e la porta con sè, trasformandola e donandole straordinari poteri, ma la sua natura non le permette di accudirla realmente come una figlia. Nevena si mescola quindi agli uomini per imparare cosa vuol dire vivere…

Evoluzione di una fiaba

Non sarai sola potrebbe benissimo essere uscito dalle pagine di un racconto dei fratelli Grimm o di Charles Perrault. Ne ha tutta l’ anima, il fascino e la forza. Come ogni fiaba ha la sua morale, anche se questa ne ha diverse. E’ la storia della strega Maria e di Nevena, ma anche la storia delle persone che incontrano e con le quali si mescolano. Forse anche un po’ la storia del mondo stesso.
Non è, come succede spesso quando si parla di streghe, un excursus sulla fede o sulla dicotomia bene/male, ma è un viaggio alla scoperta del significato della vita stessa. Nelle favole affonda le sue radici ma nella contemporaneità palesa che il cattivo non è solo cattivo, il buono non è solo buono. Ci mostra il principio del Tutto, quel principio alchemico che abbraccia ed accetta gli opposti, poichè solo conoscendo entrambi si può arrivare alla completa evoluzione. Questo è il percorso di Nevena. Questa è la sua fiaba.

Trasformazioni e Trasfigurazioni

E’ la voce di Nevena che ci accompagna nella narrazione. I suoi pensieri su ciò che vede, conosce, impara. Immaginate di aver vissuto tutta l’ infanzia e parte dell’ adolescenza separati dal mondo, dalle persone. Non sapete cosa è ridere. Scrivere, giocare, lavorare. Non sapete nulla se non ciò che vi è permesso vedere rinchiusi in una grotta. Roccia, un angolo di cielo, qualche foglia a terra. Una strega vi ha rubato la voce, da piccoli. Vostra madre la libertà. Per amore, certo, per paura. Ma privandovi della vita stessa, della conoscenza.
Immaginate dunque di essere finalmente liberi, a sedici anni, abbandonate la grotta ed i pochi sporadici incontri con vostra madre per seguire una strega. Lei vi dona il potere di trasformarvi in qualsiasi essere vivente. Il prezzo di tutto questo, ovviamente, è il sangue. Ed il sangue, nella vita come nella stregoneria, è vita.

Qual’ è dunque, in tutto questo, il modo migliore per imparare e conoscere, se non vivere? Come puoi meglio sentire ciò che si prova ad essere bambini, donne, uomini, se non diventandolo? Questo è ciò che fa Nevena, e questa è la forza incredibile di questa pellicola. Il percorso di formazione di Nevena è attivo. Non si limita ad osservare, spettatrice della vita altrui. Viaggia di corpo in corpo, e trasfigurando sè stessa impara. Impara cosa è essere un bambino spensierato, ridere e giocare. Impara cosa vuol dire essere uomo, la fatica nel campo e la fortuna di essere il sesso forte in un’ epoca in cui la donna era spesso schiava. Di padri, fratelli, mariti. Convenzioni. Impara cosa vuol dire essere figlia, e donna. Impara la vita ed, infine, impara l’ amore. Prima di trovare sè stessa e senza mai perdere la speranza Nevena si trasforma, continuamente.
Ed in Non sarai Sola le trasformazioni non sono solo di apparenza, ma di carne e sangue. Viscerali, letteralmente. Per cambiare aspetto ed assumerne uno diverso la strega deve aprire la propria pelle ed inserire nel proprio corpo le interiora della vittima prescelta, che sia umana o animale. Ne deve inglobare le frattaglie come fossero un nucleo, mischiare sangue e carne, soffrire nella trasformazione, donare la morte e rubare la vita.
In fondo nella vita, come nella stregoneria, tutto ha un prezzo.

La fiaba nella fiaba

La superstizione dell’ epoca, ormai lontana, nella quale è ambientato questo viaggio non era solo un suggerimento “non rovesciare il sale che porta sfortuna” ma un vero e proprio sistema di credenze e pratiche rituali. Qualcosa di reale che influiva sul pensiero e sulla condotta di vita delle persone, delle famiglie e di interi paesi. E dal punto di vista religioso era qualcosa che ne alterava l’ equilibrio, in disaccordo coi princìpi insegnati. La magia, ad esempio. Nel calore del focolare, radunati attorno al camino nelle sere d’inverno, gli anziani raccontavano storie. E la storia di Maria la Strega, la ‘mangiatrice di lupi’, ci viene raccontata proprio così.
Veniamo a conoscenza quindi di ciò che era prima, di chi era prima. E di cosa l’ha trasformata in ciò che è ora. Una cattiva che miete vittime, che è stata vittima a sua volta. Ci viene mostrato il perchè lei viva ai margini, il perchè odia gli uomini ed il loro modo di vivere. Ci viene spiegato il suo dolore, quello che si porta dentro e che arde ancora e che scorgiamo sulla sua spelle ustionata che, da sola, racconta la sua storia.
La fiaba nella fiaba è la storia di Maria, donna prima di essere strega, ora megera e superstizione, favola raccontata nella notte per spaventare i bambini, ma reale tanto quanto loro. Temuta per questo, sia nella credenza che nella quotidianità, simbolo assoluto di tutto ciò che è male, apologo vivente di tragedia, invidia e sofferenza.

«È una cosa che brucia e fa male, questo mondo»

Stregoneria e simbologia

Impossibile non pensare a The VVitch dopo aver visionato questa pellicola. I parallelismi sono parecchi, dall’ ambientazione rurale al dramma in costume, dal viaggio alla scoperta di sè alle streghe come protagoniste. Di sicuro con l’ opera di Eggers ha in comune l’ intensità di una storia che sottolinea la condizione femminile in un determinato contesto e periodo storico, qualche atmosfera nel rendere presente e importante la natura non solo come contorno ma quasi come fosse un altro personaggio. Le streghe di Stolevski sono però differenti dall’ immaginario classico. Hanno bisogno di sangue per esercitare il loro potere, non pregano un signore oscuro, non volano a cavallo di scope.
Sono mutaforma. Questa capacità si ritrova spesso in antichi libri di stregoneria, anche se descritta diversamente. Era ad esempio credenza comune che le streghe potessero trasformarsi in lepri (animale che in The VVitch vediamo spesso) in rospi, in gatti…in tutti quegli animali che poi vennero considerati “i famigli delle streghe“.
Durante il periodo dell’inquisizione nel 1662 una donna di nome Isobel Gowdie, processata come strega dichiarò:

Quando vogliamo trasformarci in lepre ripetiamo tre volte: “In lepre mi trasformerò con dolore e con pena e con molta inquietudine; e andrò nel nome del diavolo seppure quando ritornerò un’altra volta…”
E al punto ci trasformeremo in lepre. Quando vogliamo prendere la forma di gatto, diciamo tre volte: ‘In gatto mi trasformerò, con dolore e in un due per tre(…)”.

Ecco quindi che abbiamo in comune la trasformazione in animale ma non quella in altre persone. Viene sottolineato il dolore della trasformazione ma non la correlazione con il diavolo, dogma successivamente imposto dall’ influsso della chiesa cattolica.
Mentre le streghe di Eggers sono strettamente legate al ramo religioso, quelle di Stolevski sono legate al mondo naturale, alla terra, al sangue in quanto simbolo e veicolo di vita.

Di Non Sarai Sola mi ha colpito la complessità della ricerca ma l’estrema semplicità della sua messa in scena. La scelta di mostrare più vite, e quindi più storie, più famiglie e più interazioni, nella crescita di una persona sola, Nevena. Attraverso molteplici esperienze ed i suoi pensieri impariamo con lei il significato della vita.

Il sovrannaturale e l’esistenziale in un’ opera elegante ed intelligente che, senza tralasciare scene gore esplicite, danza tra il cinema d’autore ed il dramma a tinte horror regalandoci un bellissimo viaggio alla scoperta dell’ esistenza e dell’ essenza del tutto.

Classificazione: 4 su 5.

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