Svelate la data di uscita e il nuovo poster di 4 MOSCHE DI VELLUTO GRIGIO: il thriller cult di Dario Argento torna nelle sale italiane il prossimo 14 luglio in versione restaurata in 4K, distribuito al cinema da CG Entertainment in collaborazione con Cat People, grazie a Surf Film4 MOSCHE DI VELLUTO GRIGIO partecipa a Cinema Revolution, con il biglietto al prezzo speciale di 3,50 Euro. Lista sale presto disponibile su catpeople.it/4-mosche-di-velluto-grigio-cinema/ e cgtv.it.

IL FILM

Uscito in sala nel 1971, 4 MOSCHE DI VELLUTO GRIGIO è il terzo capitolo della cosiddetta trilogia degli animali insieme a “L’uccello dalle piume di cristallo” (1970) e “Il gatto a nove code” (1971), e rappresenta uno dei capisaldi della cinematografia di Argento. Il film, nato da un soggetto di Argento, Luigi Cozzi e Mario Foglietti, e accompagnato dall’indimenticabile colonna sonora del premio Oscar® Ennio Morricone, sarà presentato in versione restaurata in 4K da Cineteca di Bologna, in collaborazione con Surf Film con il sostegno di MiBACT presso il laboratorio L’Immagine Ritrovata.

Roberto Tobias (Michael Brandon) è un batterista rock che da qualche tempo è vittima di pedinamento. Una sera, trovandosi faccia a faccia con l’ignoto persecutore, lo affronta e nella colluttazione che ne segue lo pugnala a morte. Ma qualcuno ha assistito alla scena e ha fotografato Tobias. Il musicista, entrato in una spirale di terrore e paranoia, si confida con la moglie Nina (Mimsy Farmer) e con un amico filosofo, “Dio” (Bud Spencer), che lo indirizza a un investigatore privato (Jean-Pierre Marielle)…

IL RESTAURO

Il restauro 4K di 4 MOSCHE DI VELLUTO GRIGIO è stato effettuato dalla Fondazione Cineteca di Bologna, in collaborazione con Surf Film, a partire dal negativo camera originale techniscope e dal negativo suono italiano messi a disposizione da Reel One per conto di Surf Film. L’intervento di color correction è stato realizzato con la supervisione di DoP Luciano Tovoli. Le lavorazioni sono state effettuate presso L’Immagine Ritrovata nel 2020. Restauro realizzato con il contributo del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo.

L’opera restaurata è stata presentata alla XXXIV edizione del Festival IL CINEMA RITROVATO.

SCIVOLANDO DENTRO LO SCHERMO

Al terzo film (nell’arco di soli due anni), Argento era ancora in forma smagliante e, se a causa de L’uccello dalle piume di cristallo e Il gatto a nove code, abbondavano tutte quelle rivisitazioni e cosiddette imitazioni che hanno di fatto dato vita al periodo più florido del giallo italiano (la cui lapide fu proprio Profondo Rosso), proseguiva con il suo personalissimo percorso guidato da un viscerale amore per la messa in scena quanto da un’irrefrenabile necessità di esorcizzare la sua visione del (suo) mondo (borghese).

Con 4 mosche di velluto grigio molti degli elementi che nei primi due titoli erano stati eclettismo vincente, diventano espressività dominante di un modo di concepire la realizzazione di un film al contempo come show e come rottura delle regole formali, farsa cupa quanto urlo di dolore personale.

Perché Argento parte dal cinema stesso, dalla suggestione, dal singolo sussulto, riversando il proprio vissuto fino a traslarlo e trasformarlo: ingrediente segreto – in questo caso, la rottura con la prima moglie Marisa Casale – invisibile, disciolto, sovvertito e infine trasformato in qualcosa di lontano dalla realtà quanto iconico sullo schermo.

Un dolore muto e soffocato, fatto annegare in una tempesta di stimoli visivi e sonori.
Sul fondo di 4 Mosche giacciono inquietudine e senso di solitudine, mentre tutto intorno esplode anarchicamente tutto l’immaginario dell’Argento di quel tempo, anticipando e preparando il terreno per quello che sarà Profondo Rosso pochi anni dopo: un cinema poliedrico dove l’intreccio giallo e il classicissimo whodunnit costituiscono i punti di sutura tra espressioni e generi tanto diversi quanto intrecciati, apparente distanti ma consonanti.

E così sia, un’insalata di pezzi di vetro: commedia talvolta macabra e talvolta pura, elementi psicoanalitici per direttissima, politica, rimbombanti momenti di purissimo montaggio e tutte quelle dissonanze narrative e visive che con la loro apparente scoordinazione si trasformano in uno spettacolo di stimoli, una danza per il cervello (senza contare i titoli di testa – a tutti gli effetti un cineconcerto – il sontuoso ralenti finale e quel Q.B. di fantascienza sfruttato per spingere l’ultimo atto). In tutto ciò, di quella incomunicabilità coniugale al fondamento sotterraneo di tutto, quasi non v’è traccia in superficie.

Una sfrontatezza che rende Argento uno dei più grandi sabotatori delle meccaniche cinematografiche mentre, come solo i migliori autori, non usa il cinema ma si fa usare dal cinema e quindi, in un’epoca di veloci e rigorosi cambiamenti espressivi e tecnologici, pronto a far suo ogni nuovo mezzo.

Si sperimenta una proto-steadicam (tanto ingombrante da poter essere usata solo in esterno) e arcinoto è il finale realizzato con la Pentazet, una macchina da presa dell’Università di Lipsia utilizzata per lo studio della fusione dei metalli e usata da Argento a 12.000 fotogrammi al secondo (proiettando quindi fino a 500 volte più lentamente), ma ancor prima v’è, come sempre e ineluttabilmente, il montaggio.

4 mosche di velluto grigio è l’unico film di Argento non montato da Franco Fraticelli (comunque poi suo collaboratore di fiducia fino a Opera del 1987) che abbandonò il progetto dopo aver tentato di “dare una logica” al girato, scatenando le ire di Argento che riteneva che tutto l’aspetto onirico fosse andato perduto. Il lavoro passò alla premio Oscar© Françoise Bonnot, a quanto pare molto più abituata a seguire le indicazioni dei registi.

Ma, come sempre con Argento, non è una semplice questione di sfoggio cinematografico.
Se inquadra come Antonioni e monta come Godard, come entrambi riesce a far brillare il suo giocattolo di tutto ciò che, dentro di lui, marcisce. Che si tratti di smarrimento e solitudine coniugale, di siparietti comici (di cui 4 mosche è ricchissimo e che in essi trova i suoi momenti migliori grazie a Bud Spencer, Oreste Lionello e Jean-Pierre Marielle) o del prestigio di una scena di suspense, l’Argento dei tempi è ancora affamato di umanità – ridicola e spaventata, minacciosa e maligna, angosciata e condannata – e capace di raccontarla con ogni battuta, ogni luce, ogni sguardo, scivolando via con lei.

Rivisto oggi, 4 mosche di velluto grigio è tutto questo. Un portento del giallo del suo tempo quanto un’astrazione cinica. Una satira spigolosa e una malinconia lunare. L’intrattenimento puro e i nodi che non si possono sciogliere (ma segare brutalmente, questo sì).

IL CROWDFUNDING START UP!

Prossimamente CG Entertainment lancerà sul proprio portale la campagna di crowdfunding START UP! per pubblicare questa versione restaurata di 4 MOSCHE DI VELLUTO GRIGIO in un cofanetto esclusivo da collezione contenente il disco 4K oltre al Blu Ray e altri contenuti esclusivi che saranno presto svelati.

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