Uscito nelle sale giovedì scorso, la nuova produzione targata Midnight Factory tratta l’esorcismo di Emma Schmidt, che vanta di essere il caso più documentato della storia, oltre ad essere uno dei pochi casi ufficialmente riconosciuti dalla Chiesa Cattolica. Il film di David Midell assume tinte quasi documentaristiche, riportando alla luce l’orrore delle possessioni demoniache in America e rivelando la storia originaria e i dettagli completi dell’esorcismo di Emma, che sono rimasti sepolti per decenni. Al Pacino svetta nei panni di Padre Theophilus Riesinger, un frate cappuccino noto per aver svolto alcuni degli esorcismi più intensi nella storia americana, mentre Abigail Cowen esce dal mondo fatato di The Winx Saga per entrare in quello dell’orrore.

Trama
Emma è un’adolescente che proviene da un passato ricco di eventi – anche troppi per la sua età. Il suo destino sembra quello di un eterna sofferenza, prima di incontrare Padre Theophilus. Il suo caso viene accettato dalla Chiesa e viene trasferita in un convento isolato dell’Iowa per essere sottoposta all’esorcismo. Emma è già in uno stato fisico grave al momento dell’inizio delle sedute, e ben presto i partecipanti al rito si accorgeranno che una sessione non basterà per scacciare il male dalla ragazza.
La storia vera
Il film si propone di offrire una rappresentazione il più fedele possibile ai fatti realmente accaduti. La durata e il luogo dell’esorcismo, ad esempio, sono effettivamente precisi: Il film colloca correttamente l’esorcismo principale tra il 18 agosto e il 23 dicembre 1928, nel convento di Earling, Iowa, sotto la guida di padre Theophilus Riesinger. Anche i sintomi manifestati da Emma vengono rappresentati fedelmente rispetto alle documentazioni: levitazione, conoscenza di lingue sconosciute, vomito di sostanze insolite e reazioni violente a oggetti sacri, tutti dettagli presenti nei resoconti storici – in particolare nel libro Begone, Satan! scritto da padre Carl Vogl nel 1935 (questo testo nello specifico è un resoconto della storia dei riti a cui Emma è stata sottoposta, oltre ad essere il libro che ha ispirato decenni di storie dell’orrore). Il film mostra inoltre correttamente la possessione da parte di diverse entità, tra cui Belzebù, Giuda Iscariota, suo padre e la zia Mina. Questi elementi sono coerenti con le testimonianze dell’epoca, anche se il regista ha omesso l’importante background del personaggio di Emma che riguarda il tentato abuso sessuale da parte del padre. Sembra che in seguito eseguì anche un rito vendicativo insieme alla zia della ragazza, per maledirla.

La sottile linea tra la sanità mentale e la possessione
The Ritual si distingue particolarmente per l’intento di aderire il più possibile ai fatti documentati e ci sono alcuni elementi registici (come la scelta di rimandare all’idea del mocumentary, con riprese sempre traballanti e fatte a mano), che aiutano la suggestione a riguardo. Il regista, David Midell, ha pubblicamente dichiarato di rientrare nello spettro autistico, e infatti le sue opere affrontano spesso domande importanti su come la società tratta i suoi cittadini più vulnerabili, incluse le persone con disabilità e problemi di salute mentale. Questi elementi lo hanno portato a assicurarsi che “i fatti, così come le sfide e i trionfi vissuti dai personaggi, venissero onorati nella narrazione di questa storia”. Inoltre, Midell ha aggiunto: “spirituale o psicologico che sia, ciò che non si può negare è la profonda sofferenza provata da Emma Schmidt, così come il coraggio di cui hanno dato prova coloro che si sono uniti per alleviare le sue sofferenze”.

Ma quindi se prendessimo in analisi il caso di Emma come un caso clinico, cosa troveremmo? Per soddisfare la curiosità si potrebbe dire che i sintomi che presenta sembrano compatibili con i disturbi dissociativi (divisione del sè) e psicotici (distacco dalla realtà). Fidandoci della rappresentazione fedele di Midell, si può vedere da quasi subito che Emma era generalmente assente, con un calo motivazionale tipico della depressione. Inoltre, tutto si è sviluppato in un contesto familiare e culturale favorevole all’interpretazione religiosa estrema dei sintomi, rafforzando l’idea che il male che la ragazza stava provando avesse origine da qualcosa di diverso da lei e portando ad una scissione del sé. Le personalità e i personaggi che presenta fanno parte del suo passato e dei suoi traumi e le altre sono quasi banali, nello specifico Belzebù e Giuda Iscariota. L’esorcismo stesso poi, sempre se prendiamo in considerazione l’aspetto clinico, ha fatto sì che Emma portasse il suo trauma fuori da sé tramite il rito. Ed è così che possiamo vedere come si impersonifica più spesso nella zia Mina e nel padre, che tende a ricreare le situazioni traumatiche e a somatizzare alcuni concetti in modo quasi letterale (come ad esempio “far ribollire il sangue”).
La sottile linea tra la pubertà e la possessione
Tramite curiosità e alcuni testi che propongono interpretazioni interessanti, non ho potuto evitare di notare come alcuni sintomi della possessione spesso siano spaventosamente simili a quelli del semplice svliluppo sessuale femminile. In più, il caso vuole che i casi di giovani donne sottoposte ad esorcismi solo perchè “sessualmente pericolose” o “rumorose” siano moltissimi. Anneliese Michel nel 1975, Tina Resh nel 1984, Esther Cox, Annemarie Schneider sono alcuni nomi che possiamo citare. Sbalzi d’umore, crisi di rabbia, radicali cambi comportamentali, insonnia, mancanza d’appetito, masturbazione, sangue sui genitali. Ricorda qualcosa? Mentre noi stiamo semplicemente descrivendo le nostre varie fasi del ciclo mestruale o le nostre sindromi ad esse collegate, qualche tempo fa tante povere ragazze venivano semplicemente dichiarate come possedute e messe nelle mani della Santa Chiesa. E questo film ce lo ricorda continuamente.

Conclusione
Il regista ha parlato anche di come gli esorcismi siano stati descritti da alcuni come una sorta di test di Rorschach: chi ha un background di fede e religione vede una lotta spirituale per l’anima di un essere umano, mentre chi ha una mentalità più scientifica vede una persona che ha bisogno di assistenza psicologica o psichiatrica. Il suo intento era quello di onorare le esperienze delle persone reali e di ritrarre la loro lotta nella sua interezza, e si può dire che sia riuscito. Il film dona effettivamente la possibilità di leggere entrambe le visioni, e di leggerle entrambe in modo chiaro e limpido. Questa dualità è ben riuscita anche grazie all’attenzione riposta nei personaggi dei due preti che sono coinvolti nel rito, che offrono le due visioni in modo ben distinto.
Il fulcro del film quindi è evidente e fa sorgere riflessioni e domande interessanti; lo svolgimento è ben ritmato. Le performance attoriali sono la ciliegina sulla torta di questo film sugli esorcismi diverso dai suoi precedenti, soprattutto nell’intenzione, che se pur rimanendo in una zona grigia lascia spazio ai dubbi etici che questo tipo di storie porta con sé.
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