Luca Canale B., già regista del giallo all’italiana Onirica (disponibile su Prime Video), torna con un incubo fantascientifico che affonda le radici nei suoi sogni d’infanzia: H010N. Dopo aver visionato la pellicola, ho avuto l’opportunità di fare una chiacchierata con Luca, regista, sceneggiatore e attore, per sottoporgli domande e curiosità.
M: H010N è la storia di una donna che si risveglia in una stanza e si ritrova intrappolata in una rigida routine, finché dei ricordi non la metteranno di fronte al suo passato e alla verità. Quali sono state le ispirazioni? Cosa è confluito nel progetto?
L: Di sicuro tutta la mia infanzia, tutto il cinema che ho amato. C’è l’influenza videoludica e quella nipponica, siccome H010N è un film basato sull’animazione giapponese e sulla filosofia che questi “cartoni animati” hanno portato in Occidente; c’è tantissimo della questione “donne in catene”, c’è il revenge movie, e poi c’è il distopico, il “what if”. Sono fortemente convinto che esistano più piani, che da qualche altra parte noi non stiamo avendo questa conversazione o sono io che sto intervistando te.
M: Hai costruito un universo per questo film: parlacene un poco.
L: È un universo che continua a espandersi, perché sono convinto che nel momento in cui la goccia di H010N è stata gettata nel lago di questo multiverso, si sia continuato a espandere. Ci sono dei buoni, ci sono dei cattivi, ci sono storie, c’è molta umanità in questa fantascienza distopica. La fantascienza distopica non deve essere per forza il “troppo” che non possiamo raggiungere: ho provato a rappresentare un futuro tangibile, qualcosa che potrebbe capitarci non tra tantissimo tempo. La nostra storia si svolge in un 1999 alternativo (partendo dal 1997); è un mondo che viaggia parallelamente al nostro. La lore che è stata creata è di questi personaggi che nel loro piccolo hanno una funzione all’interno di una storia molto più grande. Come ci ricorda uno dei personaggi “non si può giocare a fare Dio”, ma qualcuno ci prova e tutto sfugge di mano, perché quel mondo comincia a collassare.
M: Cosa significa il titolo Holon?
L: Holon è olone, lo zero assoluto, ciò che c’è prima di un atomo, di un’idea. È essere unici. Si tratta di un discorso filosofico che parte dal filosofo Arthur Koestler; racconta di quel nulla assoluto che nulla non è, è una parvenza di qualcosa che non esiste ma che sta cominciando a insinuarsi nella mente e nelle vite dei personaggi. Quindi l’olone è la perfezione che il nostro antagonista (o protagonista, se vogliamo) sta cercando.
M: Hai detto che questo film è molto legato al Luca bambino. In che modo lo colleghi alla tua infanzia?
L: Ho cercato di fare un film da V/H/S. La mia infanzia è stata una videoteca e un cinema vicino casa dei miei nonni materni. Nel mio immaginario si trattava di creare quel film che il Luca bambino avrebbe voluto trovare all’interno di quella videoteca. Tutta la cultura pop io l’ho scoperta negli anni in cui è uscita, o leggermente dopo essendo io nato nel 1987. Poi c’era la sezione horror che per me era gigantesca e mi ricordava un tempio; e io ero attratto da queste locandine italiane dipinte, come quelle di Enzo Sciotti, o quella di Ammazzavampiri, Nightmare, La casa. Quindi parte da qui, da una V/H/S che non c’era.
M: C’è un film in particolare o un regista che ti ha colpito e spinto a intraprendere la carriera di regista?
L: Più di uno. Non ho un regista preferito, vado molto a periodi, dipende da ciò che sto facendo e scoprendo. C’è stato un periodo in cui non apprezzavo il cinema francese e poi durante la pandemia mi sono ritrovato a girare un film, Indicibles, e a spulciare così la filmografia di Godard che non avevo esplorato tanto. Il cinema, guardare i film, è una buonissima scuola: se non si conosce una situazione politica o una parentesi storica, i film ti aiutano a capirle. Non saprei rispondere, ma posso dirti che il mio film preferito è Ghostbusters, perché ha quel mix di horror e commedia che un bambino apprezza. Poi c’è Fellini, anche se lui di horror non ne ha fatti. Se dovessi dire quale cinema mi piacerebbe fare la risposta sarebbe “il cinema di David Lynch”, perché lui crea incubi, è Fellini all’estremo però con una carica dark.
M: Hai girato Onirica che è un film molto italiano, un giallo ambientato a Torino, mentre H010N ha un respiro più internazionale. Come mai questo cambio di approccio?
L: Onirica è stato un test per buttarsi nel mercato indipendente dei lungometraggi. Si tratta di un giallo all’italiana, infatti nello script originale il titolo era The Italian Giallo, ed è di stampo argentiano. H010N ha un cambio per una questioni di produzione, siccome Graziano Molteni (produttore del film) voleva una cosa più internazionale. Io sono contento perché lui mi ha dato carta bianca quasi su tutto e quindi ho avuto la possibilità di gettarci dentro Lynch. Ho potuto portare un cinema diverso ma comunque fatto da italiani, per dimostrare che sappiamo fare anche altre cose.
M: Qual è stata la sfida più grande nella realizzazione di H010N?
L: Le riprese sono durate poco, 10 giorni. Ma la sfida più grande penso sia stata il montaggio, perché nel momento in cui hai il film girato, poi lo devi mettere insieme. Essendo un film molto onirico, c’è bisogno di qualcuno che capisca cosa ho in testa, perché è difficile raccontare un sogno a un’altra persona. Quando mi sono trovato con Raoul Noise, che è stato anche operatore e regista della seconda unità, siamo andati sulla stessa lunghezza d’onda. Ci siamo chiusi in sala montaggio e io gli ho dato carta bianca, anche se con la mia supervisione. Dovevamo rendere il film leggibile perché altrimenti sarebbe potuta essere un’accozzaglia di cose senza senso.
M: Penso che le sfide siano state più di una, partendo dagli effetti speciali fino all’allenamento dell’attrice protagonista che aveva un ruolo anche molto fisico.
L: Alessia Spanu si è allenata tantissimo con il gruppo stunt per il combattimento nel corridoio, scena montata in 4 mesi. Lei si è resa molto disponibile, anche perché io volevo determinati movimenti. Spanu ha interpretato un personaggio che parte come automa e poi diventa una furia, quindi è stata anche una sfida “interna” che ci ha spinto a girare il film in ordine cronologico, per aiutarla a entrare meglio nel ruolo.
M: Ci puoi fare qualche spoiler sul tuo prossimo progetto?
L: Posso dire che il mio prossimo film è un horror nel vero senso della parola, forse molto estremo. Abbiamo fatto una riunione con il reparto effetti speciali e abbiamo pensato che ci daranno il VM18. I produttori non hanno dato vincoli ma, anzi, sono loro che vogliono qualcosa di estremo. Posso dire che c’entra Lovecraft, c’entrano gli oculisti e che è un omaggio a un grande regista italiano di cui non dirò il nome.
M: Come è stato l’impatto con il pubblico?
L: Per ora chi ha visto il film lo ha apprezzato. Tutti dicono che H010N è un film che va visto più di una volta; dal punto di vista filosofico è stato paragonato alla prima visione che abbiamo avuto un po’ tutti di Matrix, che sembra una cosa e poi diventa totalmente diverso alle visioni successive. È stato fatto un paragone anche con Ghost in the Shell per il discorso uomo-macchina.
H010N è una visione unica, un montaggio rapidissimo di immagini ed emozioni, proprio come in un sogno. Si tratta di un cinema personale che mette in campo un amore viscerale per l’animazione giapponese, la distopia, il revenge movie e, soprattutto, l’umanità.
Leggi anche: H010N – La visione anima e acciaio di Luca Canale B.