Era il 14 gennaio 1981 quando negli USA arrivò su grande schermo Scanners, settimo film firmato da David Cronenberg e primo successo commerciale del regista. Orrore e fantascienza serviti in salsa thriller e costruiti sui canoni del cinema action, con però la struttura narrativa della spy story. Tutto giusto se non fosse che a scrivere e dirigere c’è Cronenberg e che quindi non tutto è come sembra.

TRAMA
Cameron Vale (Stephen Lack), affetto da disturbi psichici, vive ai margini della società come un clochard. Un giorno viene rapito da una multinazionale specializzata in armamenti, la ConSec, che nella figura del dott. Paul Ruth gli rivela la reale natura dei suoi disturbi: Vale è uno Scanner, un essere dotato di poteri telepatici che però ancora non sa controllare. Lo scopo del rapimento però è un altro: Ruth vuole usare Vale per fermare i piani di uno scanner ribelle: il potente Darryl Revok (Michael Ironside).

IL POTERE DELLA MENTE
Cos’è il cinema se non la capacità di rendere le proprie idee un qualcosa il più vicino possibile alla realtà? In effetti siamo di fronte a un processo di transustanziazione privo di implicazioni dogmatiche o religiose, ma piuttosto l’empirica trasformazione del pensiero in carne, luoghi, suoni. Sembra rendersene conto David Cronenberg e non di certo dal 1980, con la lavorazione di Scanners. In realtà il tema della telepatia e dei poteri della mente il regista li aveva già affrontati nel 1969 con il mediometraggio Stereo, mentre del potere generativo della mente aveva parlato nel 1979, in maniera estremamente metaforica, con Brood – La covata malefica. Eppure è proprio con Scanners che la poetica di Cronenberg inizia a prendere forma in maniera sistematica.

Si può filmare l’interno del cervello? Nel senso: si possono filmare i pensieri umani e il loro meccanismo generativo? Visualizzare come funziona un cervello? In altre parole: si può entrare con la macchina da presa nella testa di un uomo? Di primo acchito si potrebbe rispondere di sì, ci sono varie soluzioni a riguardo come quelle trovate dal cinema surrealista o da quello onirico, ma in realtà in quei casi si mostra una visione soggettiva del pensiero e dei suoi processi. Cronenberg invece cerca una soluzione oggettiva, pratica, empirica: mostrare il funzionamento di un cervello come fosse quello di un computer (profetizzando l’uso di internet e i problemi legati alla privacy e al consenso). Cosa che mette in atto proprio con Scanners. Eppure non basta, perché quello che manca a questo punto è la consapevolezza del pensiero, cosa che un computer non possiede. E allora si deve arrivare a mostrare quella consapevolezza. Cronenberg lo fa in due modi, proprio in questo film: il primo è mostrare gli effetti di un cervello su un altro o su un altro corpo; il secondo è trasfigurare il pensiero umano in arte visiva.

PRIMA DELLA NUOVA CARNE
Gli scanners dell’omonimo film fanno fatica a controllare il proprio potere. A volte non riescono a isolarsi e l’unico modo che hanno per non impazzire è utilizzare un farmaco, l’Ephemerol. Altre volte dei modi ci sono e uno di questi, per lo scanner Benjamin Pierce (interpretato da Robert Silverman), è proprio l’arte intesa come proiezione di sé al di fuori di sé. Il pensiero che si fa carne ma in modo solo tridimensionale, comunque incompleto. C’è un ulteriore passaggio, quello che va dalla scultura al cinema. Questo passo cerca di compierlo Cronenberg che in un certo qual modo anticipa il concetto di Nuova Carne che sviscererà nel suo film successivo, Videodrome (1983). E della Nuova Carne, in Scanners, abbiamo il messia: Cameron Vale, personaggio dai connotati cristologici e dagli intenti salvifici che, all’interno della storia, agisce con sfrenata fiducia nel mondo, verso cui è disposto anche a sacrificarsi. Ed è proprio attraverso questo sacrificio che Cameron arriva a elevarsi, divenendo altro da se e attuando una sorta di ascensione.

Con Vale e gli altri scanners il pensiero inizia a farsi carne e quella carne è rappresentazione di un gioco in cui tutti spiano tutti, gli scanners nella mente e gli altri attraverso telecamere, video riprese, registrazioni, o in cui è proprio la mente degli scanners a manovrare il corpo altrui come marionette. Una rappresentazione fatta di dentro e fuori, di penetrazioni, di porte e lenti, di segreti e scatole cinesi. In Scanners l’occhio della mente diventa porta per la concretizzazione del pensiero, proprio come in un film. Quell’occhio è la macchina da presa e lo scanner è il regista, che muove i fili, che rivela le verità e nega le bugie ma che, in tutto questo, rimane ambiguo, come ambiguo è il finale del film. Perché alla fine non si perde mai quella soggettività di cui abbiamo già parlato. Il pensiero non può mai essere oggettivo e nel reale non esiste mai una sola verità. Ma è anche vero che con il messianico tentativo di Cameron Vale avviene un primo tentativo di transustanziazione, che si concretizzerà solo nel cinema successivo di Cronenberg.

IL BODY HORROR E LA TELEPATIA
I personaggi di Scanners sono tutti vulnerabili. Tutti manovrabili. Uno scanner è in grado di violare corpo e mente di chiunque ma allo stesso tempo chiunque può diventare una pedina, perfino uno scanner. In tutto questo il regista si erge a sorta di Grande Fratello: osserva, segue i suoi personaggi in un gioco di porte che si aprono e si chiudono, li spia e indaga ogni espressione facciale contorta. Lo fa sia con riprese fisse e panoramiche che con carrelli e movimenti di macchina circolari, riprese dall’alto, primi piani e giocando con campi e controcampi. Soprattutto, però, Cronenberg mostra la propria abilità nel genere che lo ha reso famoso: il body horror. Scanners mostra gli effetti del pensiero sul corpo umano nell’unico modo possibile, attraverso le alterazioni, le modifiche più estreme, le deformazioni. Scanners è tutto un vene e volti che si gonfiano, occhi che implodono, epistassi, corpi che prendono fuoco e teste che esplodono. Ed è proprio una testa che esplode ad aver fatto diventare questo film un cult assoluto, grazie alle idee di Cronenber ma soprattutto alla bravura del truccatore Dick Smith e dell’addetto agli effetti speciali Gary Zeller. Un effetto speciale, quello della testa, che pur essendo rudimentale è ancora in grado di far parlare di se e di sconvolgere lo spettatore come avvenne più di quarant’anni fa.

Ottime anche le prove degli attori, che danno la giusta interpretazione a personaggi tutti scritti benissimo: Stephen Lack nei panni di Cameron Vale riesce a trasmettere quel senso di alienazione che il personaggio incarna, ma anche la sua aurea eterea e il suo potere salvifico. Agli antipodi Michael Ironside che nei panni di Revok trasmette l’aurea luciferina dello scanner ribelle che si rivolta contro il proprio padre e la sua progenie. L’ambivalenza tra i due sembra quasi incarnare toni biblici ammantandoli però di ambiguità prima di tutto carnale. Tra i due c’è il Dr. Ruth che di questa ambiguità è il simbolo, resa magistralmente dall’attore Patrick McGoohan. Anche Jennifer O’Neill, brava come sempre, si dimostra completamente in parte nel ruolo della scanner Kim Obrist, inaspettata alleata di Vale.

CONCLUSIONI
La mente agisce sul corpo, quindi. Se ne appropria, lo devasta. Come abbiamo detto più sopra, qui si può provare a immortalare il pensiero ma alla fine il pensiero resta impossibile da registrare, è una porta che si chiude costantemente in faccia al cinema. Resta allora la possibilità di far diventare il pensiero concreto andando oltre i limiti della finzione, rendendo il cinema carne o, appunto, nuova carne. Questo film di David Cronenberg finge di essere un thriller e una spy story. Ma persino le scene di carattere più action e concitate si rivelano momenti riflessivi, addirittura catartici. Potremmo addirittura definirlo un parto, soprattutto nel finale, da cui nasce qualcosa di completamente nuovo.

Durante tutti i 103 minuti di film si respira un’aria opprimente, quasi malsana, sicuramente merito della fotografia cupa, con quei toni che virano sul rosso, di Mark Irwin. David Cronenberg come sempre si rivela maestro d’atmosfera in grado di sorprendere lo spettatore con scene inaspettate dal fortissimo impatto emotivo. Colpire mente e stomaco con la stessa potenza, insinuarsi nella testa dello spettatore. E’ Cronenberg lo scanner più potente e lo ha dimostrato al mondo intero proprio a partire da questo cult assoluto che invito a riscoprire.
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